Approcciare un work out significa prima di tutto capirlo. Capire cosa c’è scritto alla lavagna, senza lasciare adito a interpretazioni o dubbi di ogni sorta.

Per un atleta, che sia di alto livello o di infimo livello, comprendere il lavoro è fondamentale per permettere di far si che l’allenamento sia proficuo. Il coach, dal canto suo, oltre a spiegare gli esercizi prescritti e i carichi consigliati, dovrebbe anche dare delle linee guida all’atleta su come approcciare il wod dando dei riferimenti anche generali che ognuno può valutare in base al proprio livello di fitness evitando assalti iniziali ai bilanceri o vogate assurde al primo giro di orologio. Insomma, una strategia.

row-intensity

Un’altra cosa fondamentale pertanto è conoscere il proprio livello andando ad essere sempre e costantemente onesti con se stessi. Anche se si è degli assoluti principianti e non aspiriamo nel prendere parte a gare, questo è il primo passo se si vuole avere dei risultati: conoscersi e sapere come, quanto e quando spingere oltre a lavorare sempre sui propri difetti. Una volta che si è arrivati alla maturità per comprendere esattamente “dove sono”, ed aver chiaro il proprio livello, si dovrebbe riuscire a capire di volta in volta come approcciare un determinato WOD, passo importante se si vuole migliorare in questo sport. Ma in che termini?

Parliamo di ritmo e di matematica

Premesso quanto sopra e premesso che chi scrive non ha le competenze atletiche e didattiche per poter dare dei giudizi o consigli, quanto esposto è solo frutto di una riflessione basata su dati, fatti e opinioni che ultimamente ho fatto miei pur non riuscendo ad applicarli con costanza proprio perchè non sono un atleta, o meglio, sono un atleta di infimo livello!

Possiamo però partire, come dicevamo, da una semplice considerazione che mette in primo piano il saper leggere un work out e riuscire così a stabilire quello che per ognuno di noi è un ritmo sostenibile nell’esecuzone del wod. Cultore del pacing sostenibile è il coach Matteo Fuzzi nonché owner di CrossFit Ravenna che da anni con la sua programmazione R2F punta molto sulla capacità dell’atleta di riconoscere ed interiorizzare un proprio “passo gara” che sia quanto più regolare, costante e sostenibile dall’inizio alla fine.

Trovare la propria andatura, in base a quello che dobbiamo performare, è fondamentale per non superare la soglia anaerobica troppo presto con la conseguenza di dover prendere poi delle pause eccessive una volta raggiunto tale stato di stress sia fisico che mentale. Provate a vedere Froning quando gareggia, o meglio ancora, quando gareggiava come Individuals, e noterete subito due cose.

  1. ha una strategia
  2. se ne frega di quanto stanno spingendo gli altri e non li guarda

Mentre tutti spingono come dei matti dall’inizio, lui con una regolarità disarmante, riusciva spesso a superare i suoi avversari a 3/4 dei WOD.

Nell’Endurance cercare il proprio passo gara è qualcosa di fondamentale che chiunque cerca di fare, non ti metteresti mai a correre 10km come se dovessi farne solo 1 o pedalare per 40km con un ritmo da pista.

Nel CrossFit il ragionamento non si discosta di molto anche se non tutti tengono presente che ognuno di noi ha un proprio ritmo che, in base al tipo di work out, dovrebbe cercare di mantenere per non soccombere nel momento critico in cui arriva il tuo skicking point.

Che cos’è lo sticking point?

Nella pesistica si definisce sticking point la parte di sollevamento dove il movimento risulta più difficile da eseguire (Kompf, Aradjelovic 2016).

In una ricerca del 2009 viene definito:

“il punto del range di movimento durante un esercizio in cui la velocità esecutiva diminuisce o tende a zero” (Hales, Johnson, Johnson 2009).

Nel CrossFit, che è uno sport multidisciplinare, potremmo paragonare a grandi linee lo sticking point come quel momento in cui l’atleta, per ogni movimento che si pone in determinato dominio di tempo, si aspetta una deviazione della tecnica e della performance in negativo dovuta all’affaticamento neuro muscolare. Una sorta di soglia critica che se superata ti permette di andare avanti e chiudere il wod senza morire male sul floor. Se per un maratoneta lo sticking point è il famoso 33esimo chilometro, per un CrossFitter la cosa si complica perchè ogni volta i wod sono differenti e come sport multidisciplinare il saper riconoscere il proprio livello di fitness e capire i wod risulta fondamentale.

Capire il pacing nel CrossFit

Facciamo degli esempi pratici per capire perchè trovare il proprio ritmo sostenibile è importante prendendo spunto sempre da Matteo Fuzzi. Ho avuto modo di seguire alcune sue interessanti live su Instagram in cui atleti dovevano perfomare un determinato allenamento in stile CrossFit e vengono spesso analizzati tempi medi e ritmo.

Esempio 1:

5 round for time of: 27 wall ball/21cal row/15 alt DB snatch/9 BBJO

L’atelta, Mirko D’Agostino, doveva performare quanto sopra per 5 giri. Un work out abbastanza lungo ma non eccessivo, molto demanding dal punto di vista metabolico. Ricordo bene che prima di partire si è ragionato sulla strategia in base al livello di fitness in quel momento della persona che arrivava, tra l’altro, da un brutto infortunio ad un braccio. Espressa la volontà di spezzare sin da subito i wall ball in serie da 9 perchè era l’esercizio che sapeva di soffrire più, è stato fatto partire il timer senza provare in anticipo nessuna rep o giro. Ciò che si è rilevato non è tanto il tempo totale in cui ha chiuso il wod, quanto gli intertempi tra un round e l’altro per capire che passo l’atelta stava tenendo. Provo a sintetizzare i risultati anche se non li ricordo con precisione. Più o meno erano attorno a questi tempi:

Round 1: 4’35” / Round 2: 4’45 / Round 3: 4’55 / Round 4: 5’20” / Round 5: 4’30’

Se li mettiamo su un grafico notiamo subito uno sforamento nel 4° round del proprio passo con un picco verso l’alto del tempo per poi, sull’ultimo giro, sprintare chiudendo a 4.30 (miglior round).

grafico wod

La linea gialla rappresenta l’andamento del tempo sui 5 giri mentre la linea blu sarebbe, sulla base dei risultati, la semplice media aritmetica dei tempi (4’49”), quindi, il suo teorico ritmo sostenibile per questo wod, in questo momento.

NB: per un calcolo preciso non è sufficiente sommare i tempi con la virgola e poi dividere per il numero di round. In questo caso la media verrebbe 4,57 su una scala di 100 mentre la scala dei tempi è su 60 secondi, quindi è bene ricordarsi di trasformare tutto in secondi e poi fare la media matematica. Su round di pochi secondi l’errore potrebbe essere enorme. Excel per questi lavori facilita parecchio.

Se l’atleta avesse fatto un round pilota prima di iniziare il wod forse si sarebbe forse accorto che il suo ritmo sostenibile non sarebbe stato 4’35” con cui è partito ma avrebbe sicuramente alzato la stima. Quanto un soggetto è pienamente cosciente del suo stato di forma e capisce il wod, quanto più, a priori, riesce a calcolare la sua linea blu teorica.

Facendo la sommatoria chiaramente dei tempi medi, il risultato finale darebbe lo stesso timing. Al 99% dei casi però l’atelta non avrebbe replicato lo stesso score ma è presumibile, quasi matematico, che avrebbe migliorato il tempo totale perchè, tenendo in modo quasi maniacale un ritmo sostenibile come quello rappresentato dalla linea blu, non sarebbe prima di tutto mai entrato nella zona critica cerchiata di nero sotto.

grafico wod2

Quella zona rappresenta il 4° round (lo sticking point) in cui si vede chiaramente che c’è stato un calo della prestazione con un aumento del tempo di circa 30 secondi rispetto primo (+17%). Notiamo poi che comunque il best lap è stato l’ultimo. Questo significa che in ogni modo l’atleta, sapendo di performare l’ultimo giro, ha tirato fuori le ultime energie sia fisiche che mentali per sprintare.

Avesse tenuto un pacing quanto più attorno al suo reale ritmo sostenibile (4’49”) siamo sicuri che in ogni caso all’ultimo giro avrebbe comunque trovato le energie per sprintare ugualmente avendo evitato l’eccessivo stress mentale e lattacido dovuto all’ingresso nella zona critica cerchiata di nero con un miglioramento generale della performance. Tenendo poi presente che in gara cerchi di dare sempre qualcosa in più, è ragionevole anche pensare che sarebbe riuscito a girare mediamente anche leggermente sotto i 4’49”, magari 4′.45”; tutti secondi che avrebbero fatto migliorare il tempo finale.

Esempio 2

AMRAP 20′: 8 push ups / 12 DB Lounges / 16 DB CJ

Ho ripreso un mio vecchio work out in cui dovevo, in 20 minuti, fare più giri possibili di 8 pushups, 12 dumbell lounges (22,5kg) e 16 DB Clean&Jerk.

Questi i miei tempi senza strategie e senza aver minimamente pensato a come approcciare il wod.

1’42”/ 2’03” / 2’07”/ 2’11”/ 2’18” / 2’43” / 2’32” / 2’34” / 1’50”

Il nono e ultimo giro non è da prendere come riferimento statistico perchè chiaramente era finito il tempo essendo un AMRAP di 20 minuti fissi. Anche qui se riportiamo in un grafico lineare i risultati ci accorgiamo che ho tenuto un ritmo sempre leggermente in calo con una soglia critica di 2’43” al sesto giro per poi riscendere leggermente negli ultimi due. E’ un ritmo sostenibile quello dei primi 2/3 giri per il mio livello? Assolutamente no. Difatti tra il 5° e il 6° c’è stato un improvviso incremento di 25 secondi che ho pagato. Classico errore da principiante.

grafico 3

Leggendo il grafico si capisce come la mia media (linea blu) sarebbe stata di 2 minuti e 16 secondi, abbastanza differente tra il primo giro di 1’43” e il sesto di 2’43”.

Dopo circa 3 settimane ho voluto personalmente riprovare lo stesso wod cercando di interiorizzare un ritmo sostenibile. Senza i ragionamenti che sto facendo ora sapevo comunque di dover girare con più regolarità e anche senza calcolare un vero pacing a tavolino, ma imponendomi semplicemente un ritmo regolare, ecco quello che è uscito.

Nel grafico sotto, come per sopra, non prendo in considerazione l’ultimo (il decimo) perchè matematicamente non rilevante. Sono riuscito a fare esattamente un round in più.

grafico 4

Su un pacing precedente di 2 minuti e 16 secondi (linea blu t-1), per i primi 5 giri i miei tempi sono stati allineati a questo riferimento teorico pur non conoscendolo realmente, anzi sempre qualche secondo in meno. Ad un certo punto sorprendentemente sono riuscito addirittura a spingere dal quinto in poi con una buona regolarità (non senza affanno comunque, rimango sempre scadente…) e i miei tempi si sono addirittura abbassati ulteriormente andando a scoprire che il mio nuovo ritmo sostenibile sarebbe sceso di 11 secondi; dato rapprentato dalla nuova linea tratteggiata.

Miglioramento considerevole anche per il fatto che, banalmente, volevo sicuramente migliorarmi rispetto alla prima prova e ho dato qualcosa in più a priori ma quel qualcosa in più è stato anche frutto del fatto che nella prova di 3 settimane precedenti non avevo nè studiato ne pensato minimamente ad una sorta di strategia.

Chiaramente altro fattore importante da tenere in considerazione nelle proprie stime è rappresentato dal dominio di tempo che il lavoro richiede. Fare una certa serie di esercizi su 10 minuti non equivale a doverli ripetere per 20′. Questo aspetto chiaramente è fondamentale per ipotizzare un proprio ritmo su scale differenti adeguando il proprio effort.

Coloro che sovrastimano il proprio passo rischiano di arrivare nella zona critica non a 3/4 del wod ma molto prima, anche ad 1/2. In quel caso lo scarto che si verrebbe a creare tra un round o e l’altro rischia di diventare poi esponenziale e non più recuperabile.

Esempio 3

AMRAP 10′: 10 air squat / 9 DB snatches rx / 10 pushups / 9 DB snatches sx

Qualcuno avrà riconosciuto il wod1 del contest online organizzato da CrossFit durante la quarantena. Questi i miei dati personali.

1’16” / 1’29” / 1’41” / 1’45” / 1’53” / 1’45” / 0’11’ ultimo giro rimasto. Totale 6 round e 7 squat.

Notiamo subito che il primo round, e anche in parte il secondo, è totalmente fuori passo rispetto a quello che realmente sarei poi riuscito a sostenere nei successivi minuti. Questo è il mio classico errore da principiante che parte a bomba senza aver studiato o interiorizzato a priori un ritmo.

grafico4

Il mio ritmo medio matematico è stato 1’38”, molto vicino al ritmo che ho sostenuto nel 3°,4° e 5° round. Se il WOD fosse stato su un differente dominio di tempo quale sarebbe una stima del mio giusto passo? Se avessi dovuto performare lo stesso esercizio su 20 minuti cosa sarebbe successo?

Sicuramente dovrei togliere due falsi positivi rappresentati dai primi 2 round e prendere in considerazione l’aumento medio del tempo che ho subito nei round più credibili.

Ogni round ho incrementato rispettivamente di:

00:00:13
00:00:12
00:00:04
00:00:08

per una media di 9 secondi a round. Per un ritmo medio di 1’38”, all’interno di un dominio di tempo di 10 minuti, perdere 9 secondi a round significa avere un coefficiente di riduzione della performance di circa il 10% per ogni round eseguito, cosa che idealmente non sarebbe accaduta se già nei primi 2 round avessi da subito tenuto un ritmo differente.

Qualora dovessi ripetere lo stesso WOD ma per un tempo limite di 20 minuti, potrei prendere il coefficiente di cui sopra in valore assoluto e riportarlo su un dominio doppio di tempo.

Da un rapido calcolo, risultano almeno 18 secondi in più a giro che devo necessariamente tenere in considerazione, di meno sarebbe, per il mio livello di fitness, impossibile da sostenere. In modo puramente judgmental quindi proverei a tenere un ritmo che si aggiri sui 2 minuti, sicuramente non di meno.

Esempio 4

10 RFT of: 8GTH / 10 bar facing Burpees

Spostiamoci ora su atlteti veri, d’Elite, come si dice ora. Il wod sopra è il 20.1 degli Open di quest’anno. Mary Kay con questi tempi si è aggiudicata il 54esimo posto (totale 9’19”)

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00:00:52
00:00:45

Come facilmente possiamo notare l’atleta è stata una macchina quasi perfetta, riuscendo a mantenere un ritmo pressochè identito e costante per tutti i dieci round. Ha superato la fase critica che poteva essere tra il 6° e l’8° round senza incrementi di tempi e ha sprintato all’ultimo facendo registrare ben 11 secondi in meno rispetto alla sua media per round di 56 secondi.

Guardate quanto è vicina la linea dei suoi tempi rispetto al teorico ritmo sostenibile.

grafico 5

In questo video sono messi a confronto il suo secondo round e l’ottavo, quello che per molti poteva essere il picco critico (sticking point) del 20.1. Caso scuola insomma, nessuna differenza praticamente.

***

Se siete arrivati fino a qui nella lettura vi aspetterete un finale, una “lesson learn” o consigli pratici e atletici.

Nulla di tutto ciò, finale triste e banale; non essendo un coach vi chiedo di affidarvi al vostro allenatore interiorizzando alcuni concetti che ho cercato di trasmettere nell’articolo, basato su qualche piccola ricerca, dati, numeri rielaborati e fatti reali sicuramente utili se volete migliorare in questo sport.

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CrossFit lover over years with hystorical passion for sports, analysis and journalism.
Training early morning, working class for an Investment Banking daily, writing something on the blog late.
Founder of Dummies at the Box italian crossfit blog

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